Giorgio Gaber
Giorgio Gaber - Gildo songtekst
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Fu proprio l? nella corsia di un ospedale che aprii gli occhi e vidi un letto accanto al mio il primo giorno si ha una sensazione spiacevole e volgare e i piccoli disagi non fanno bene al cuore. Ma la notte, la notte aumenta lo spessore del dolore con le sue presenze la notte, il cuore ? gonfio la notte e i lamenti dei malati riempiono le stanze. Ma stranamente il giorno dopo prima che arrivino i parenti si fa un poco di ironia persino sui lamenti e il letto accanto al mio con dentro un uomo grosso e un po’ volgare diventa una presenza singolare. "Gildo, come faccio, mi vergogno, dovrei andare..." E Gildo, il grosso Gildo, mi insegna da sdraiato come devo fare. E intanto a pochi metri di distanza si fatica a respirare. Sono le innocenti stonature di un salotto sono i piccoli fastidi, i gesti un po’ meschini che fanno l’uomo veramente brutto. Ma in ospedale dove la perdita ? totale dove lo schifo che devi superare ? quello di aiutare un uomo a vomitare. Dove non c’? pi? nessuna inibizione dal vomito al sudore, alla defecazione e allora salti il piano se lo sai saltare e entri in un altro reparto dell’amore. "Gildo, io vorrei che all’insaputa delle suore..." E Gildo, il grosso Gildo, mi passa di nascosto qualche cosa da mangiare. E intanto a pochi metri di distanza un uomo muore. Si parla poco e piano per diverse ore e a notte alta quell’ospite agghiacciante vien portato via e riprende indisturbato e noncurante il ritmo della corsia. I piccoli disagi, l’ho gi? detto fanno male al cuore ma il senso della morte ? sempre stato troppo forte. Gildo, non l'ho mai saputo immaginare chiss? perch? improvvisamente diventa elementare potr? sembrare irriverente ma qualche ora dopo ridevamo tutti per niente. Ma a scanso di fraintesi non ? il cinismo mestierante dei dottori ma il senso della vita che ti spinge fuori. "Gildo, mi dispiace, son guarito, devo andare..." E Gildo, che naturalmente mai pi? nella mia vita ci avr? il gusto di incontrare nasconde, questa volta con vergogna, il suo dolore. Il cielo azzurro e teso e le mie gambe strane, senza peso. Attraversavo il giardino tremante come in un sogno riposante. Gli occhi delle nuove madri luccicavano e i grossi seni sotto le vestaglie biancheggiavano. Solitario avvertivo quel candore, quell’aria di purezza e il cielo era azzurrino e c’era un po’ di brezza e stranamente un senso d’amore che non so dire.